mercoledì 31 ottobre 2007

Post Traumatic Stress Disorder, PTSD - Stress post traumatico

La maggior parte delle persone coinvolta in un evento traumatico come disastri aerei, incidenti industriali, terremoti, atti terroristici, guerra, lo supera e presenta solo lievi e transitori disturbi. Tuttavia alcuni soggetti sviluppano disturbi mentale in seguito al trauma. L’autore descrive il dspt, il trattamento farmacologico e psicoterapeutico accennando anche al EMDR.

da: http://www.psicologi-psicoterapeuti.it/rubriche/corazza/index.html

Il Disturbo da Stress Post Traumatico è un disturbo d’ansia che distingue da altre entità cliniche per la presenza di un evidente agente eziologico, insorge infatti dopo l’esposizione ad un grave evento traumatico.
Già nel secolo scorso si parlava di nevrosi da spavento o nevrosi post-traumatica identificando le reazioni ansiose conseguenti a incendi, disastri ferroviari, crolli di palazzi.
Nel corso della guerra del Vietnam il DSPT si manifestò in larga misura nei reduci al rientro in patria ed è proprio in quell’occasione che la comunità scientifica cominciò a studiare a più livelli e a definire meglio questa patologia.
Nel 1980,con la stesura del DSM-III, venne introdotta la categoria del Disturbo da Stress Post-Traumatico successivamente sottoposta a diverse revisioni fino ad arrivare ai criteri enunciati nel 1994 dal DSM-IV.

Eventi traumatici e risposte individuali


La definizione di evento traumatico si basa, oltre che sulla natura drammatica dello stesso,sulle modalità individuali di interpretazione di questo e quindi sulla modalità di risposta messe in atto dal soggetto: non tutte le persone esposte ad un grave trauma vanno incontro ad un DSPT e lo stesso evento può non essere ugualmente traumatico per tutte le persone coinvolte.
A tale riguardo sono di notevole importanza oltre alla genetica e alla biologia dell’individuo,le sue caratteristiche di personalità, il contesto socioculturale in cui si è verificato l’evento,il grado di istruzione,la classe sociale,l’insieme di valori e di credenze propri dell’individuo,il supporto sociale (famiglia,amici,società).
Per esempio,un reduce di guerra festeggiato da eroe al rientro in patria avrà diverse modalità interpretative e diverse risposte adattive ll’evento occorsogli (prigionia,combattimento,ferite) rispetto ad un altro reduce denigrato da un’opinione pubblica ostile.
Importanti sono quindi la valutazione soggettiva e l elaborazione cognitiva dell’ accaduto, per un soggetto l’ evento potrebbe essere vissuto come un qualche cosa di grave da cui si e riusciti a scampare e quindi una conferma delle proprie capacita di reazione; un altro individuo potrebbe considerare ciò che gli e accaduto come una disgrazia che segnerà per sempre la sua vita e che influenzerà negativamente i suoi comportamenti e le sue scelte future.

Psicoterapia

Diversi sono gli eventi traumatici capaci di generare un DSPT e questi possono coinvolgere individui, gruppi o intere comunità; gli stessi soccorritori non ne sono immuni, così pure il personale di emergenza per i disastri e i gruppi di aiuto psicologico possono sviluppare un DSPT.
Le strategie di intervento precoce devono soddisfare alcune esigenze: il bisogno di parlare dell’accaduto da parte dei sopravvissuti, la comprensione dell’evento, fronteggiare l’angoscia e i sensi di colpa che spesso insorgono nei superstiti.

Debriefing

Una strategia di intervento precoce,da mettersi in atto entro le 24-72 ore dall’avvenimento, e rivolta ai sopravvissuti e ai soccorritori, recentemente applicata ai bambini esposti a eventi traumatici è il Debriefing, Inizialmente messa a punto per i militari negli Stati Uniti, il suo uso è stato adattato ed allargato in campo civile e vi si distinguono 7 fasi della durata di 2-3 ore: nella prima, fase introduttiva, si discutono le regole; nella fase dei fatti ogni membro del gruppo descrive il proprio ruolo nell’accaduto e la propria esperienza;nella fase dei pensieri ogni soggetto esprime il pensiero predominante durante l’evento;nella fase della reazione viene chiesto quali elementi dell’incidente hanno causato maggior sofferenza e con i quali è più doloroso convivere; nella fase del sintomo ogni individuo riferisce i sintomi fisici e psicologici avvertiti durante l’accaduto; si giunge poi alla fase dell’insegnamento dove il conduttore del gruppo spiega le reazioni allo stress e le tecniche per ridurlo e giungere alla guarigione; infine la fase finale,dove si discutono le eventuali domande che non hanno ricevuto risposte soddisfacenti e si formulano commenti e conclusioni.

Terapia cognitivo-comportamentale

Se il DSPT può essere compreso utilizzando diverse chiavi di lettura,da quella psicodinamica a quella psicobiologica, alla teoria dell’apprendimento, gran parte della letteratura indica come metodo più efficace quello cognitivo-comportamentale .Le teorie cognitive sostengono che ogni individuo ha concetti e modelli precostituiti di sé, degli altri e del mondo; l’evento traumatico è un’informazione incompatibile con questi e il tentativo di integrare questa con gli assunti preesistenti conduce alle risposte postraumatiche.
Scopo della terapia cognitivo-comportamentale è quello di educare il paziente a identificare e controllare i pensieri e gli assunti negativi, identificando gli errori logici contenuti nelle convinzioni, identificare alternative di pensiero e di comportamento più funzionali e vantaggiose.
Quelli che seguono sono i principali approcci terapeutici utilizzati nel DSPT.
Esposizione:trattamento efficace per i disturbi d’ansia dove l’evitamento è il fattore principale, viene utilizzata l’esposizione immaginativa, il soggetto viene cioè invitato a rivivere l’avvenimento nella propria immaginazione e a raccontarlo al terapeuta.
Ristrutturazione cognitiva:lo scopo è quello di modificare le convinzioni e gli assunti irrazionali.
Gestione dell’ansia:vengono insegnate tecniche per controllare gli stimoli ansiosi come il rilassamento progressivo, lo "stop del pensiero" ecc.

EMDR
La desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (Eye Movement desensitisation and reprocessing) è una nuova tecnica messa a punto da F.Shapiro nel 1989 si basa sulla scoperta che alcuni stimoli esterni possono essere particolarmente efficaci per superare un grave trauma.In particolare, l’esecuzione di alcuni movimenti oculari da parte del paziente durante la rievocazione dell’evento permette di riprendere o di accelerare l’elaborazione delle informazioni legate al trauma. Notevoli sono i legami di questa metodica con la terapia ipnotica ericksoniana e molti terapeuti utilizzano le tecniche di Erikson nel EMDR.

Sergio Maria Corazza

La traumatizzazione vicaria

Il termine traumatizzazione vicaria indica la possibilità che un soccorritore durante
l’intervento viva lui stesso un trauma, non per esposizione diretta, ma per il contatto con la
persona traumatizzata; infatti, questa relazione può investire il soccorritore dello stesso
trauma anche se in modo secondario ed indiretto.
Questo può accadere ad esempio, quando il soccorritore è eccessivamente coinvolto con la
persona che sta soccorrendo (può essere un familiare o un conoscente);
I sintomi della traumatizzazione vicaria sono molteplici: depressione, stanchezza, irritabilità,
sintomi psicosomatici, insonnia, ansia, affaticamento, problemi familiari.
Inoltre nei soccorritori colpiti da questa sindrome possono essere presenti immagini e
pensieri intrusivi ricorrenti che riguardano l’evento traumatico con cui sono venuti in
contatto.

E’ molto importante individuare al più presto la presenza di questa sintomatologia nei
soccorritori, dato che può invaderne sia l’area cognitiva (difficoltà di concentrazione,
rigidità), sia l’area del comportamento (irritabilità, ritiro in se stesso), sia quella somatica
(difficoltà respiratorie, problemi cardiaci) ed infine quella relazionale-affettiva (isolamento,
scarsi contatti umani, abbassamento del tono dell’umore, impotenza).
Onde evitare o almeno limitare lo stress insito nelle professioni d’aiuto, fondamentali sono
programmi di prevenzione e di formazione psicologica rivolti a tutti gli helpers (operatori
sanitari dell’area critica, vigili del fuoco, protezione civile): deve essere presente una buona
capacità di separazione emotiva dall’angoscia della vittima ed, ancora, la soddisfazione per il
proprio lavoro.
E’ importante saper riconoscere i rischi professionali e trovare un sostegno psicologico
adeguato per prevenire e affrontare tutte le problematiche inerenti la traumatizzazione
vicaria attraverso lo sviluppo della conoscenza di sé e della propria capacità di tolleranza allo
stress, la Formazione Psicologica e la supervisione anche utilizzando strumenti quali il
Defusing e il Debriefing.

CONVEGNO - DIBATTITO PSICOLOGIA DELL' EMERGENZA: DALLA PARTE DEL SOCCORRITORE

GENOVA. 19 OTT. Oggi alle 8:30 presso le Sale Libeccio e Scirocco dei Magazzini del Cotone Genova - Area Porto Antico, si svolge un convegno sul soccorso o meglio sulla psicologia dell'emergenza. Il soccorso in emergenza si configura in un insieme di attività coordinate che coinvolgono contemporaneamente una varietà di soggetti istituzionali chiamati a svolgere il proprio compito, a seconda delle circostanze, sulla base di procedure operative condivise. Gli Enti che agiscono in quest'ambito sono diversi: il Sanitario, quello del Soccorso Tecnico Urgente, le Forze dell'Ordine, e gli Enti Politico-Amministrativi operanti in ambito provinciale. L'obiettivo del Convegno è quello di riunire in un'unica sessione le diverse Istituzioni del soccorso ma soprattutto vuole essere un'apertura vera e propria a coloro che il soccorso lo svolgono in prima persona. Le esperienze recenti hanno mostrato anche in maniera cruda, la necessità di non dimenticare mai che l'attività di soccorso, intesa nella sua interezza, si caratterizza per la propria peculiare complessità e difficoltà di gestione. Sulla base di tale presupposto, che aiuta a comprendere la natura usurante del coinvolgimento emotivo connesso al soccorso, si vuole evidenziare la necessità di far comprendere e far accettare che il soccorritore nella quotidianità va incontro a situazioni di forte impatto psicologico che devono essere adeguatamente elaborate. Ciò è possibile soltanto con specifici percorsi di formazione e supporto psicologico.

da: http://www.ligurianotizie.it/news.php?news_id=28794

sabato 27 ottobre 2007

STORIA DELLA DEFIBRILLAZIONE CARDIACA

(tratta da sito www.progettovitateramo.it)


Le basi della stimolazione elettrica del cuore sono fatte risalire a Luigi Galvani che con
i suoi esperimenti aveva appena scoperto la corrente continua. Seguendo le sue orme il
nipote Giovanni Aldini nel 1794 effettuò un esperimento: inumidì con acqua salata le
orecchie della testa di un soggetto appena decapitato e le collegò con due fili metallici,
uno all'estremo superiore di una "pila pensile" di sua invenzione, l'altro con la base;
improvvisamente tutti i muscoli di quella testa cominciarono a muoversi. L'idea che gli
balenò fu che con quel metodo sarebbe stato possibile "far rivivere un morto". Aldini
condusse allora una serie di esperimenti su cani e gatti affogati, inserendo un elettrodo
nell'ano e uno nella glottide o sull'orecchio e sulla lingua. Incoraggiato dalla positività di
tali esperimenti, decise di provare ad applicare gli elettrodi direttamente sul miocardio di
un decapitato, ma il risultato fu negativo e così per un po' interruppe ogni ulteriore
esperimento.
Tentativi analoghi furono ripresi successivamente dall’austriaco J.P.Franck, dal
tedesco K.Sprengel e dall’italiano A.N. Vassalli il quale, avendo ottenuto contrazioni
cardiache con il passaggio di una corrente galvanica da un elettrodo applicato sulla
superficie del cuore ad un altro applicato in corrispondenza del bulbo, giunse alla
conclusione che “con l’ausilio dell’elettricità si possono ottenere effetti portentosi
liberando dalla tomba persone che per un caso accidentale presentano sospese le
funzioni vitali”.
Conferma definitiva della metodica si ebbe con V. Zadba, dell’Università di Praga, che
su 51 interventi eseguiti con il metodo della stimolazione elettrica su persone “decedute”
per asfissia, ne resuscitò ben 31. Galvanodesmo fu chiamato il primo apparecchio di
rianimazione inventato verso la fine del ‘700 da C. von Struve, che consigliava di
posizionare un elettrodo nell’intestino retto e l’altro o in laringe o nel naso, concludendo
che “l’insensibilità alla elettricità è da ritenersi segno patognomonico di completo
esaurimento della forza vitale”.
Un ulteriore passo avanti fu compiuto nel 1806 da G. Tortosa che su invito dell’Ufficio
di Sanità del Dipartimento del Bacchiglione compilò un “Promemoria a servire di pubblica
istruzione sopra i soccorsi da prestarsi agli annegati”. Il Tortosa conclude il rapporto
affermando che “il galvanismo è un mezzo energetico per rianimare questi soggetti, e che
la corrente va applicata direttamente sul torace facendole assumere andamento
trasversale: dalla clavicola destra alla regione dell’ictus cardiaco”.
Nel 1857 H. von Ziemssen condusse una serie di esperimenti al termine dei quali
decretò che il metodo migliore per riattivare un cuore in arresto era quello di infiggere
direttamente nel cuore elettrodi ad ago di acciaio, attraverso i quali far passare una
corrente di almeno 50 elementi. E con questo metodo l’americano W.W. Hayle riuscì a
rianimare un soggetto in arresto cardiaco stimolando direttamente il “fascio di His”. Nel
ventennio successivo che si mise in evidenza il valore della stimolazione elettrica del
cuore non solo come mezzo di rianimazione, specie durante gli arresti dell’attività
cardiaca nel corso di interventi chirurgici, ma anche dell’effetto defibrillante della corrente
continua o alternata in caso di fibrillazione ventricolare.


Il concetto che si potesse defibrillare il cuore nasce alla fine del secolo scorso, nel
1899, dalla osservazione di Prevost e Battelli che scariche elettriche a corrente diretta o
alternata applicate direttamente sulla superficie del cuore di cani erano in grado di
interrompere una fibrillazione ventricolare. Il lavoro di Prevost e Battelli fu lungamente
ignorato e solo dopo molti anni si arrivò ad un utilizzo clinico della metodica. Così negli
anni '30 i ricercatori della Rockfeller Fundation stabilirono che i migliori effetti della
defibrillazione si ottenevano adoperando una scarica di 50/60 periodi al secondo di 200-
250 volts sulla superficie del torace, o di 75 volts a torace aperto, mantenendo chiuso il
circuito per 50 millesimi di secondo. Così nel 1947 Beck e coll. descrissero la prima
fibrillazione ventricolare nell'uomo interrotta dallo shock elettrico, aprendo la strada allo
sviluppo dei defibrillatori a torace aperto.
Tuttavia questa tecnica implicava l’immediata esecuzione di una toracotomia che, in
assenza di rianimazione cardio-polmonare, richiedeva virtualmente che la fibrillazione
ventricolare avvenisse in sala operatoria, o almeno in ospedale, in modo da poter essere
interrotta sufficientemente in fretta ai fini della sopravvivenza del paziente. Curiosamente
l’impeto per la defibrillazione transtoracica nacque in gran parte dalle compagnie
elettriche e teleferiche, i cui dipendenti morivano nel corso del loro lavoro per
elettrocuzione.
Nel 1957 Zoll e coll. descrissero la prima defibrillazione transtoracica per mezzo di
corrente alternata nell'uomo, anche se taluni riportano una notizia, non confermata, di un
primo uso clinico della defibrillazione in Russia, già nel 1952.
Nel 1962 Lown introdusse nella pratica clinica la defibrillazione transtoracica a
corrente diretta e sincronizzata. Con l’avvento della rianimazione cardiopolmonare e delle
unità coronariche apparve sempre più chiaro che la fibrillazione ventricolare è una causa
maggiore di morte cardiaca improvvisa e che la mortalità dell’infarto miocardico acuto
poteva essere drasticamente ridotta con la defibrillazione cardiaca.

BASIC LIFE SUPPORT (BLS) - OBIETTIVI DEL BLS-D

Lo scopo del BLS è quello di riconoscere prontamente la compromissione
delle funzioni vitali e di sostenere la respirazione e la circolazione attraverso la
ventilazione ed il massaggio cardiaco esterno fino all'arrivo di mezzi efficaci per
correggere la causa che ha prodotto l'arresto cardiaco.
In alcuni casi particolari il BLS può risolvere completamente il quadro clinico,
come ad esempio nell'arresto respiratorio primitivo.
L'obiettivo principale del BLS è quello di prevenire i danni anossici cerebrali
attraverso le manovre di rianimazione cardiopolmonare (RCP) che consistono nel
mantenere la pervietà delle vie aeree, assicurare lo scambio di ossigeno con la
ventilazione e sostenere il circolo con il massaggio cardiaco esterno.
La funzione del DAE (Defibrillatore semiAutomatico Esterno) consiste nel
correggere direttamente la causa dell'arresto cardiaco, quando è causato da FV o
TV senza polso; pertanto il BLS-D crea i presupposti per il ripristino di un ritmo
cardiaco valido ed il recupero del soggetto in arresto.
La tempestività dell'intervento è fondamentale in quanto bisogna considerare
che le probabilità di sopravvivenza nel soggetto colpito da arresto cardiaco
diminuiscono del 7-10% ogni minuto dopo l'insorgenza di FV/TV. Dopo dieci
minuti dall'esordio dell'arresto, in assenza di RCP, le possibilità di un recupero
completo del soggetto sono sensibilmente ridotte. E’ intuibile pertanto
l'importanza della presenza di eventuali testimoni che intervengano
precocemente.

LA MORTE CARDIACA IMPROVVISA

La morte cardiaca improvvisa è un evento naturale dovuto a cause cardiache,
preceduto da un'improvvisa perdita di coscienza, che si verifica entro un'ora
dall'inizio della sintomatologia acuta, in un soggetto con o senza cardiopatia nota
preesistente, in cui l'epoca e la modalità di morte sono imprevedibili. Nella
maggior parte dei casi di morte istantanea (ad esempio come dopo infarto
miocardico) il meccanismo sottostante è costituito da una tachiaritmia. Tuttavia
è chiaro che altri meccanismi possono portare a morte improvvisa quali la rottura
dell’aorta, la rottura di un aneurisma subaracnoideo, la rottura di cuore, il
tamponamento cardiaco, l’embolia polmonare massiva, ecc. D’altra parte è
anche noto che esiste una mortalità non improvvisa di origine aritmica, come
avviene nei pazienti che muoiono per le complicanze successive ad un episodio
di tachicardia ventricolare sostenuta associata a grave compromissione
emodinamica.
La morte improvvisa è talora preceduta da segni premonitori, ma nella
maggioranza dei casi rappresenta la prima manifestazione di una malattia
coronarica. In caso di infarto miocardico acuto (IMA), l'incidenza delle aritmie
responsabili dell'Arresto Cardiaco è massima durante le prime ore dall'insorgenza
dei sintomi. Si stima che circa il 50% degli infarti miocardici sia complicato da
arresto cardiaco.
La letteratura scientifica internazionale ha ampiamente documentato che
nell'80-85% circa dei casi il ritmo di presentazione dell’arresto cardiaco è la
Fibrillazione Ventricolare (FV) o la Tachicardia Ventricolare (TV). Solo nel 15-20%
dei casi è riscontrabile una Asistolia o una Attività elettrica cardiaca senza polso
(PEA), intendendo con quest'ultimo termine la presenza di un ritmo cardiaco
diverso dalla FV o TV in assenza di una apprezzabile circolazione sanguigna. A
differenza dell'asistolia e della PEA, la fibrillazione ventricolare e la tachicardia
ventricolare possono essere trattate efficacemente con la defibrillazione elettrica
e vengono pertanto talora paradossalmente indicate come "ritmi della salvezza”.
Nel 5-10% dei casi la morte cardiaca improvvisa avviene in assenza di malattia
coronarica e di insufficienza cardiaca.
L'Arresto Cardiaco è un fenomeno drammaticamente rilevante; si calcola che
l'evento si verifica, in ambiente extraospedaliero, in circa 1 persona su 1000 per
anno (circa 55.000 eventi/anno in Italia, 1700 in Sardegna). Tale numero è
rilevante e di gran lunga superiore alle morti per carcinoma polmonare, AIDS o
incidenti stradali.
In uno studio condotto nella popolazione di Maastricht l’80% degli arresti
cardiaci extraospedalieri è avvenuto a domicilio e circa il 15% in strada o in
ambienti pubblici; il 60% delle morti cardiache improvvise è avvenuto in presenza
di testimoni.

La pronta attuazione di una serie di semplici provvedimenti è in grado di
ridurre drasticamente la mortalità dovuta ad arresto cardiaco sia in sede intrache
extra-ospedaliera.

PRIMO IMPIANTO IN USA DEFIBRILLATORE PIU' PICCOLO

da: http://www.cybermed.it/index.php?option=com_content&task=view&id=15788&Itemid=134


lunedì 22 ottobre 2007


ROMA, 22 OTT - Primo impianto negli Stati Uniti di Ovatio CRT, il piu' piccolo defibrillatore al mondo. A dare l'annuncio in una nota aziendale l'azienda Sorin Group. L'impianto e' stato eseguito con successo da Eli Gang, della David Geffen School of Medicine, UCLA, presso il Brotman Medical Center, Culver City, California. La terapia con defibrillatore biventricolare e' diventata un trattamento di prima linea per pazienti con scompenso cardiaco ed a rischio di morte improvvisa (SCD).
E' stato dimostrato che la terapia di risincronizzaione cardiaca (CRT), migliora la qualita' di vita, aumenta la capacita' di esercizio, e riduce l'ospedalizzazione e la mortalita', si legge nella nota. In pazienti con funzione ventricolare ridotta, esiste un'alta incidenza di tachicardie ventricolari lente (VT) e queste aritmie hanno effetti clinici significativi. ''Apprezzo molto il fatto che con il piu' piccolo CRT-D al mondo io possa allo stesso tempo garantire ai miei pazienti la risincronizzazione durante l'esercizio e la rilevazione e il trattamento delle VTs senza vincoli di programmazione'', ha dichiarato Gang. Fonte: Ansa/Federfarma
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